28 Marzo 2024

AGROPOLI,OGGI IL PRIMO INTERROGATORIO DEGLI ARRESTATI DI VENERDI.I ROM INCASTRATI DAI PENTITI

Oggi sono programmati gli interrogatori nel carcere di Fuorni. Dal gip compariranno Anna Cesarulo , 45 anni; Carmine Dolc e, detto “Maruzziello” 42 anni; Antonio Dolce , alias “Capone”, 52 anni; Donato Marotta , detto “Papesce”; 54 anni, Fiore Marotta, 49 anni: Silvana Marotta, 45 anni; Vito Marotta , detto “Dumbone”, 26 anni; Vito Marotta, 28 anni; Vito Marotta, detto “Corleone”, 35 anni; Anna Petrilli , 47 anni; Enzo Cesarulo , alias “Cavallaro”, 52 anni. Agli indagati è contestata l’associazione per delinquere, aggravata dal metodo mafioso, finalizzata a furti e usura.

IL TRUCCO DELLE LOTTERIE

Schedine e biglietti vincenti per dimostrare il possesso di denaro. È questo uno degli espedienti usati dal clan Marotta- Cesarulo. Soprattutto l’acquisto di immobili. A svelare i meccanismi del clan sono i due collaboratori di giustizia che, già nel 2007, rispondendo dalle domande del pm della procura di Salerno, raccontarono di come le “coppie” del clan macinavano chilometri per rubare le gioiellerie di mezza Italia. E di come accumulavano chili oro.

La russa. Anche la compagna russa di Fiore Marotta, che tutti chiamano Ines, fu presto avviata all’attività dei furti nelle gioiellerie e a fargli da “nave scuola” furono le due indagate Silvana Marotta e Isabella Marotta. Ogni componente della comunità rom doveva diventare produttivo e dedicarsi all’illecito che operavano sempre lontano dai luoghi abituali di dimora. Le “batterie” e l’autista di turno (perché i Marotta sono senza patente o gliel’hanno sospesa) organizzavano i raid nelle varie regioni d’Italia, scegliendo gli obiettivi da colpire nel corso dei viaggi-furti.

“Il camminatorio”. La camminavano da un capo all’altro l’Italia, Da Chieti a Bari, da Varese a Vercelli e giù lungo la dorsale appenninica. Non c’è regione del centro-nord che i ladri delle gioiellerie dove non hanno lasciato la propria firma. In questi spostamenti potevano avvalersi della complicità di un’altra comunità rom di stanza a Biella che contribuiva ad individuare gli obiettivi e a riciclare la refurtiva. In particolare ricevevano vitto e alloggio, nonché schede telefoniche “pulite” per le comunicazioni tra gli affiliati.

Era un gruppo forte, ben organizzato e radicato, capace di portare a casa chili di oro al giorno. Altri dettagli emergono sul blitz “Faro”, che ha decapitato il clan Marotta-Cesarulo: le famiglie rom che – scrivo gli inquirenti – avevano messo a rischio la sicurezza della città, facendo leva sul vincolo associativo e familiare e minacciando le autorità dello Stato sul territorio. Dettagli affiorano anche sulla capacità di accumulare ricchezza, in prevalenza grazie ai furti nelle gioiellerie di mezza Italia. Denaro che sarebbe finito investito in beni immobili: case e terreni ad Agropoli e Capaccio Paestum. Oro in casa. Negli intercapedini, nei cassonetti delle tapparelle o dietro i battiscopa. A sentire le dichiarazioni dei pentiti (due quelli “fuoriusciti” dalla cerchia familiare e presi in considerazioni dal gip Gennaro Mastrangelo nell’ordinanza di misura cautelare), le case dei Marotta e Cesarulo erano piene di oro, quello sottratto alle gioiellerie che le batterie dei furti consegnavano al capo della comunità rom, Vito Marotta , che provvedeva a distribuire i proventi. È grazie alle dichiarazioni di ex appartenenti alla cerchia familiare, poi passati tra le file dei collaboratori di giustizia, che gli inquirenti hanno ricostruito la genesi del gruppo criminale, riconosciuto come clan camorristico, operante ininterrottamente almeno da un decennio, periodo a cui si riferiscono le rivelazioni dei collaboratori della Dda di Salerno. Gli autisti. Ladri sì, ma senza patente di guida. È una delle curiosità emerse dall’inchiesta. Tanto che Fiore Marotta ed Enzo Cesarulo , alias ‘U Cavallaro, erano alla continua ricerca di autisti per le batterie che si spostavano in largo e in lungo della Penisola per compiere furti. Autisti pagati a giornata, finiti ora nel registro degli indagati. Erano loro a macinare chilometri per quello che nel linguaggio criptico chiamavano “il camminatorio”. A decidere le coppie di donne era il capo della comunità rom. Ognuna era istruita sul come compiere il furto con destrezza, sul nascondiglio della refurtiva nel reggiseno e su come ingannare il gioielliere di turno. Le stelle. L’unità del campo celeste, la stella, era il metro di misura in gergo per quantizzare il bottino. “Le tre stelle” di cui parlano nelle intercettazioni telefoniche sono i pezzi d’oro che la coppia di turno è riuscita a rubare. Le auto usate per i colpi spesso erano prese da un noleggiatore di Agropoli. Il clan è molto organizzato e numeroso (“… ti facciamo vedere, tu non sai quanti siamo … noi siamo tanti”, si legge nell’ordinanza dei diciotto arresti eseguiti venerdì dai carabinieri). Il gruppo poteva contare sulla solidarietà familiare anche nel Nord Italia, segnatamente in Piemonte, a Biella, in provincia di Vercelli, dove trovavano ospitalità e appoggio logistico per i colpi. Ospitalità che ripagavano lasciando un pezzo d’oro. Gli interrogatori. Quello di oggi è il primo faccia a faccia con i giudici degli uomini del clan finiti dietro le sbarre. In carcere a Fuorni si terranno gli interrogatori di Anna Cesarulo , 45 anni; Carmine Dolce , detto “Maruzziello” 42 anni; Antonio Dolce , alias “Capone”, 52 anni; Donato Marotta , detto “Papesce”; 54 anni, Fiore Marotta , 49 anni: Silvana Marotta , 45 anni; Vito Marotta , detto “Dumbone”, 26 anni; Vito Marotta , 28 anni; Vito Marotta , detto “Corleone”, 35 anni; Anna Petrilli , 47 anni; Enzo Cesarulo , 52 anni. Agli indagati è contestata l’associazione per delinquere, aggravata dal metodo mafioso, finalizzata ai furti e all’usura, altro canale redditizio per i componenti il clan che – scrive il gip – vivono «in un generale “parassitismo”, senza alcuna attività lavorativa, da un lato lucrano con il delitto, dall’altra intendono ottenere pubbliche prebende anche se non dovute».Massimiliano Lanzotto

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