18 Maggio 2025

AGROPOLI, AVVOCATI CON ORO INCENSO E BIRRA MAGHI E NON MAGI E RAFFAELE PESCE ORA ATTACCA: ” MI HANNO CHIAMATO CARNEIDE ORA DENUNCIO”

Più che una team di avvocati ci siamo trovati di fronte a veri e proprio galoppini politici e visti i giorni in cui ci troviamo più che re magi sono re maghi con tanto di bacchetta magica da trasformare autentiche sentenze in un colabrodo senza spiegazioni e con evidente imbarazzo di un consiglio di stato i cui giudici salgono ora alla ribalta delle cronache per un giudizio apparso, come vedremo in basso, molto azzardato. Una manovra che fa discutere e non poco. E’ una sententa qualla del consiglio di stato che getta seri interrogativi sulla serietà della giustizia italiana e pone tanti interrogativi sul clima ormai incndescente in cui si trova Agropoli le cui dinamiche hanno fatto derubricare da capitale del Cilento a periferia di Casale dei principi. Stavolta si è toccato ilfondo. La forzatura politica è stata troppo evidente e i nostri continui messaggi di allarme erano fondati quando sostenevamo che c’era il Santo in paradiso.
L’AMAREZZA DI RAFFAELE PESCE E IL COMUNICATO DEI SUOI AVVOCATI
“Dopo una pausa che non avrei voluto vivere, riprendo l’attività politico amministrativa.
Con riferimento alla conferenza stampa tenutasi ieri nell’aula consiliare del comune di Agropoli, sorvolando su quanto asserito dal Sindaco, avversario politico e processuale, non posso non trovare del tutto fuoriluogo, prive di fondamento e tutt’altro che “tecniche” le frasi proferite dagli avvocati di controparte.
Mi sorprendono molto, in considerazione proprio della vicenda così come si è presentata a partire dagli undici giorni di lavori della commissione elettorale ufficio centrale, presieduta da un giudice togato che, riscontrate “gravi incongruenze”, oltre a disporre l’invio degli incartamenti di due seggi alla Procura della Repubblica, mi invitava ad adire la Giustizia Amministrativa come unica possibilità di chiarimento.
Ebbene, non ho gioito al deposito della sentenza del primo grado di giudizio, né all’esito della verifica istruttoria demandata alla Prefettura.
Sono stato sempre rispettoso delle istituzioni, delle parti resistenti e poi appellanti, dei colleghi interessati al caso.
Leggere su La Città e su Le Cronache, virgolettato, quanto asserito nei miei confronti, che oltre ad essere ricorrente sono iscritto allo stesso Ordine professionale così come, di fatto, nei confronti degli egregi colleghi che mi hanno rappresentato, le parole pronunciate dagli avvocati di controparte, mi lascia davvero incredulo, prima che amareggiato.
Sono parole offensive, assolutamente fuori dai limiti tecnici e procedurali, proferite nell’aula consiliare dove siedo come consigliere e dove si tennero proprio le operazioni elettorali della Commissione dalle quali tutto ha preso il via, necessariamente.
Parole che ledono la mia onorabilità di uomo, di politico, di avvocato.
Tra le altre: “Carneade cosa vuoi” l’uno, e “Sono sempre stato contro una giustizia ad orologeria per finalità politiche” l’altro, sono frasi che esulano dalla vicenda procedurale ed entrano in altre valutazioni, poco professionali, che ci si può aspettare da avversari politici, non da avvocati interessati al caso, in una conferenza stampa aperta al pubblico.
D’altra parte verrebbe meno la stessa ragione di essere del procedimento elettorale giudiziario, che può avere alterne vicende ed esiti, ovviamente, come gli stessi colleghi ben sanno, essendosi trovati a parti invertite. Nel merito richiamo il comunicato degli avvocati Antonello Scuderi ed Elio Cuoco, che ringrazio, ancora una volta, per il grande lavoro svolto:
IL COMUNICATO DEGLI AVVOCATI DI PESCE
“Prendiamo atto della sentenza del Consiglio di Stato che ha chiuso la vicenda giudiziaria relativa alle elezioni amministrative di Agropoli. Pur nel rispetto dovuto alla giustizia amministrativa, non la condividiamo e non poche perplessità suscitano le argomentazioni utilizzate per accogliere l’appello.
Così, solo per grandi linee e senza scendere in tutti i dettagli, non si può non segnalare che il deposito in giudizio delle tessere elettorali con il timbro della sezione è stato ritenuto idoneo a garantire l’identificazione dell’elettorato, ma stranamente non si e tenuto conto che nelle nostre memorie avevamo segnalato che una tale prova non era stata fornita per tutti i voti contestati.
Sul termine di proposizione dei motivi aggiunti è stata invertita una consolidata giurisprudenza dello stesso Consiglio di Stato a partire dal 1997, che lo ha sempre fatto decorrere dal deposito in giudizio degli atti istruttori, come pure il superamento di un altro più che consolidato principio, ovvero che la conoscenza deve intervenire nei confronti della parte e non del difensore (nel nostro caso, il ricorrente Farese è risultato sempre assente durante i lavori di verificazione, sicché per questi la conoscenza legale degli atti si è integrata solo con il loro deposito in giudizio).
Per la sezione 21 appare incredibile che – dopo aver confermato in 861 il numero dei votanti – abbia completamente omesso di considerare che le schede rinvenute votate (vale a dire, la somma delle bianche, nulle e valide) in sede di verificazione sono state 860 e, dunque, che fosse fondata l’eccepita violazione dell’art. 68 del T.U. per la mancata corrispondenza tra il numero dei votanti e le schede rinvenute votate, che comporta la nullità delle operazioni elettorali.
Pazienza, questo è e questo deve essere, con buona pace di tutti”.

PESCE ORA MINACCIA QUERELE

Aggiungo, in ultimo, che la sentenza del CdS non scalfisce, tra l’altro, quanto acclarato, in sede di verifica prefettizia ed in sede di sentenza Tar, per il seggio 21: sottrazione di 47 voti al sottoscritto, addizione di 42 voti al sindaco. 104 diviene 57!
Altre autorità giudiziarie, non amministrative, saranno investite del caso.
Nel pieno rispetto delle istituzioni e dei ruoli, come sempre, proseguiremo sulla strada intrapresa.

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