AGROPOLI,CINQUANTENNE INGANNATA DAL CONVIVENTE PERDE LA CAUSA IN CASSAZIONE
«In una relazione mentire sui propri sentimenti non integra in sé la condotta tipica del reato di truffa». Lo ha scoperto, a sue spese, una donna cinquantenne di Agropoli che si è vista respingere in Cassazione il ricorso contro l’assoluzione del suo ex compagno, un coetaneo del luogo che le aveva mentito sui suoi sentimenti e sul divorzio con l’ex moglie. La storia d’amore è durata 15 anni e per ben tre volte la coppia era arrivata alla soglia del matrimonio. La donna lamentava alla Corte un danno economico. Quell’uomo che l’aveva riempita di menzogne, si era stabilito a casa sua, aveva accettato regalie, vitto e alloggio. E l’aveva convinta ad avviare i preparativi per le nozze, poi svanite con varie scuse. Secondo la cinquantenne agropolose, l’uomo l’avrebbe ingannata e poi truffata simulando di provare amore nei suoi confronti. A riprova dei suoi sentimenti, veri o presunti, le avrebbe mostrato anche due false sentenze, una di separazione e l’altra di divorzio, per dimostrare il suo celibato. Le avrebbe manifestato la volontà di sposarla, inducendola, sulle ali dell’entusiasmo, ad organizzare a sue spese la festa di nozze presso un Hotel di Paestum, fingendo di occuparsi della cerimonia secondo il rito civile presso il Castello Aragonese di Agropoli.
Ogni qualvolta si avvicinava la data fissata per il matrimonio, scattava l’imprevisto o sopraggiungevano cause inderogabili (sempre da parte di lui) che costringevano la coppia a rinviare le tanto attese nozze.
Con questo comportamento – secondo la denuncia sporta dalla donna – il compagno avrebbe prolungato la convivenza, procurandosi un ingiusto profitto non solo grazie a vitto e alloggio. I legali della donna aggiungono alla lista delle spese i costi sostenuti per la preparazione dei matrimoni mai celebrati e un prestito di cinque milioni di euro di lire. Quel rapportobasato sulla “menzogna
sentimentale” è durato fino al novembre del 2011 dopo tre lustri di convivenza. A seguire la lunga battaglia legale.
La promessa sposa l’ha spuntata in primo grado, quando gli è stato riconosciuto il comportamento premeditato del compagno circa la realizzazione del progetto matrimoniale. Ossia tutti gli artefici finalizzati a far credere, non solo alla persona offesa, l’intervenuto scioglimento del pregresso matrimonio. I giudici della Corte di Appello di Salerno, invece, hanno ribaltato la sentenza, assolvendo l’imputato dai reati di truffa e di falso materiale in atto pubblico perché il fatto non sussiste.
Per i magistrati la controversia tra gli ex compagni verte sul fatto che l’uomo abbia o meno mentito sul trasporto sentimentale nei confronti della persona offesa. E se tale menzogna si sia trasformata in un concreto artifizio e raggiro per ottenere un profitto economico. Se per la prima ipotesi non ci sono elementi per dimostrare che l’imputato non fosse innamorato, sulla seconda non è stato riscontrato il cosiddetto nesso di casualità tra la menzogna ed i benefici che ne avrebbe ottenuto. Per dirla in breve ha mentito, l’ha ingannata, ma non l’ha truffata. In altre parole, le regalie, i vestiti, il vitto e i prestiti – scrivono i giudici – sono prestazioni economiche erogate all’uomo nell’ambito di vicende di vita effettivamente accadute e non all’inganno sulla dichiarazione d’amore e sulla promessa di matrimonio.
Così hanno deciso i giudici della Seconda sezione penale di Cassazione (presidente Antonio Prestipino ) che, a fine febbraio, hanno respinto il ricorso e addebbiato alla ricorrente le spese processuali.Massimiliano Lanzotto
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