IL PAPA INCONTRA UN GRUPPO DI SALESIANI SALERNITANI: “SIETE I PIU’ ALLEGRI D’ITALIA”
«Attenti all‘ipocrisia nella Chiesa: è una peste!».
E attenti pure a tutti quei giovani che «vogliono entrare in seminario perché sentono che sono incapaci di cavarsela da soli nel mondo».
Se sono particolarmente «diplomatici» o «bugiardi» meglio invitarli a tornare sui loro passi. «I migliori», invece, «i superiori li mandino in periferia». Quello è il loro posto.Sono alcuni flash del lungo colloquio del 3 maggio scorso di Papa Francesco con un gruppo di novizi e prenovizi salesiani, incontrati privatamente nella Casa Santa Marta. A darne notizia il quotidiano La Stampa.L’incontro non figurava nell’agenda del Pontefice, ma è stato rivelato sul social network Facebook con una “diretta live” da uno degli ospiti presenti nella domus vaticana.«Grazie di essere venuti. Quando ho visto questa richiesta ho detto: “I salesiani? Fateli venire!”», ha esordito il Papa prima di avviare il dialogo tutto a braccio, durato circa 50 minuti e scandito da alcune domande dei presenti.«Non so cosa dirvi, meglio che facciate domande per non dire qualche stupidaggine», scherza Francesco. Che rammenta la sua giovinezza e la scuola elementare in un Collegio di salesiani «dove ho imparato l’amore alla Madonna», poi gli studi di chimica all’università «che la mamma voleva che finissi» ma che invece ha interrotto inseguendo la vocazione sacerdotale: «Papà, invece, era più contento».
A proposito di famiglia, Bergoglio non dimentica i parenti piemontesi: «Siamo molto legati. Loro sono venuti in Argentina noi siamo andati a trovarli. Quando venivo per i Sinodi o le riunioni in Vaticano facevo un salto per andarli a trovare e visitavo le due basiliche», racconta.
Risponde quindi alle domande. Ad esempio quella del siciliano don Marcello che chiede alcuni suggerimenti per il «delicato compito di accompagnare i giovani nel discernimento vocazionale». Il Papa risponde diretto: «I criteri siano normali. State attenti a quei giovani con faccia di immaginetta – dice – A quelli io non chiedo neppure il Padre Nostro. Gioiosi, sportivi, normali. Che sappiano lavorare, se studiano che sappiano studiare, che prendano le loro responsabilità».
Con Luigi Sergio da Salerno («I salernitani sono i più gioiosi d’Italia, lo sai?»), Francesco ricorda il periodo del noviziato: «Era un’altra epoca: prima del Concilio… rigido… si usava la disciplina, con tante tracce pelagiane. Era una cosa che per quel tempo andava bene, oggi non va. Anche se ci sono piccoli gruppi che vorrebbero tornare a quello. Se li avessi invitati oggi sarebbero venuti con la talare, magari anche col saturno», scherza il Papa tra le risate dei suoi ospiti. Ai quali dice, tra le altre cose, che le situazioni difficili vanno affrontate «coi pantaloni», cioè «da uomini, come tuo papà, come tuo nonno».
Luigi Sergio presto diventerà sacerdote di don Bosco. Con lui, da Papa Francesco anche don Francesco Redavid giovane sacerdote che guida l’oratorio salesiano di Salerno e che di recente è stato chiamato a far parte del Consiglio ispettoriale meridionale, ovvero il team che guida i Salesiani del Sud Italia e dell’Albania.
«Il papa ci ha detto – spiega don Francesco Redavid che quando ha saputo che la richiesta di visitarlo veniva da un gruppo di salesiani ha detto subito: “I salesiani? Sì, sì…che vengano!” Poi ha ricordato che la sua famiglia è molto legata ai salesiani. Lui ha fatto l’ultimo anno delle elementare in un collegio salesiano perché la mamma si è ammalata e non poteva seguirlo. Inoltre è stato accompagnato da un salesiano fino a quando è entrato in noviziato».
In diverse occasioni è stata avanzata la possibilità di una visita a Salerno di papa Francesco e sicuramente è stato più volte invitato. L’ipotesi – nonostante i tanti impegni del Santo Padre – è quanto mai realistica e potrebbe verificarsi tanto in forma ufficiale quanto nelle note e frequenti visite private a sorpresa che stravolgono il protocollo pontificio. Il motivo che potrebbe spingerlo a Salerno non è da poco: a San Matteo, infatti, si deve la vocazione sacerdotale di Bergoglio. Che così ama raccontare questo passaggio cruciale della sua esistenza: «Nel 1953, mentre la mia fede era un po’ appannata, nel giorno della festa dello studente, il 21 settembre, decisi di fare uno salto in chiesa dove incontrai padre Duarte, che non avevo mai visto prima. Mi confessai e mi trasmise un senso di grande spiritualità. Quell’incontro fu decisivo per la mia vocazione. Il 21 settembre era la festività di San Matteo. Da allora quella data appartiene intimamente alla mia vita sacerdotale e umana».
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