ALFREDO GRECO: “VI SPIEGO COME ARRESTAI I KILLER DI ARENA E PEZZUTO”
Alfredo Greco il magistrato salernitano autore di grandi inchieste e di molti arresti eclatanti ha spiegato in un’intervista di due anni al giornale Le Cronache il modo con il quale arrestò 28 anni fa gli assassini dei due carabinieri Arena e Pezzuto.
Alfredo Greco ha ben in mente quei giorni terribili e i momenti delicatissimi della cattura dei due assassini.
“Fu una caccia all’uomo fatta dai carabinieri con straordinaria serenità nonostante la rabbia per quello che era successo. Un’indagine paziente, fatta sui territori, con grande capacità e professionalità. Un impegno-mi dispiace dirlo-mai ripagato. In città arrivarono i carabinieri del Gis per sostenere le indagini. Ricordo la grande professionalità dl colonnello dei carabinieri Mambor”.
Come si arrivò ad individuare i due banditi a Calvanico
“Come detto le indagini certosine, fatte con i mezzi di allora, ci portarono ad individuare il covo. Venne da me il colonnello dei Gis per sottopormi il piano di azione. Un piano che metteva in preventivo, data l’ubicazione del covo e la pericolosità dei due banditi, la perdita di due uomini. Naturalmente dissi di no”.
Momenti terribili…
“Quando seppi che i due latitanti mi volevano parlare dissi subito di si. Forse era l’unica possibilità per chiudere la vicenda senza spargimenti di sangue. I due avevano già sparato quando si erano accorti di essere circondati. Era possibile un’incursione dei carabinieri ma a quale prezzo?
Così, accompagnato da due carabinieri dei Gis varcai il portoncino, entrai e percorremmo un corridoio che dava davanti ad una porta che portava i segni di una sparatoria. Momenti delicatissimi ma sapete cosa convinse i due ad arrendersi? L’aroma della pipa (all’epoca la fumavo prima di passare al sigaro). Questo particolare li rassicurò, capirono che ero io e che non sarebbe successo nulla. Insomma si consegnarono alla giustizia. Fu la vittoria della legalità, e va sottolineato il sangue freddo dei militari che non vollero dare una prova di forza che avrebbe potuto concludersi con un bagno di sangue”
Come avvenne l’arresto…
“Ci scambiammo poche battute, poi aprirono piano piano la porta, un piccolo spiraglio in cui si infilarono i due carabinieri che erano con me e li ammanettarono. Fu un’azione fulminea e che servì a spezzare quella tensione che era nell’aria e che si tagliava a fette”.
Una settantina di carabinieri occuparono Calvanico prima dell’azione.
Poi cosa successe
“In casa fu trovato un vero e proprio arsenale: due fucili a canne mozze, pistole, mitragliette israeliane. Segno della pericolosità dei due arrestati. C’è da dire che durante la loro latitanza fu incardinato il processo a loro carico in Corte d’Assise. Le prove raccolte non lasciarono scampo anche se in fase processuale il D’Alessio cercò di assumersi l’intera responsabilità del duplice omicidio per alleggerire la posizione del complice, fratello del boss. Ripeto: l’inchiesta fu condotta minuziosamente che non ci fu spazio per nessuna manovra difensiva”. Carmine D’Alessio e Carmine De Feo furono condannati all’ergastolo, pena confermata anche in Cassazione. Nel 2008 morì nella casa dei suoi genitori a Battipaglia Carmine D’Alessio. Aveva lasciato il carcere di Belluno perché gravemente ammalato. Intervista rilasciata al giornale Le Cronache
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