CENTO ANNI FA NASCEVA RAIMONDO VIANELLO, L’UNICO

Affermava che gli applausi fanno troppo rumore. In questo articolo propongo il ricordo di un elegante protagonista dello spettacolo, che fu anche geniale innovatore della comicità, sulla scena ed in tv.
Raimondo Vianello in una frase, affermava che se si fosse guardato indietro non avrebbe avuto pentimenti. Se avesse dovuto ricominciare, avrebbe fatto esattamente tutto quello che ha fatto. Tutto. Si sarebbe risposato anche. Con un’altra, naturalmente. Il 9 maggio si è ricordato il centenario della nascita di Raimondo Vianello e si è celebrato anche il gusto della battuta che gli sgorgava spontanea ed inarrestabile, qualcosa che gli apparteneva tanto da non potersi trattenere. Si faceva schermo della sua innata eleganza. Ed infatti, non per niente, era nato a Roma ed era figlio di un ammiraglio e di una nobildonna marchigiana. Poi diceva qualsiasi cosa, anche la più corrosiva e non solo, nei confronti della moglie Sandra Mondaini, alla quale era legato prima da anni di riviste teatrali e poi da decenni di varietà televisivo e dalla ventennale sit-com “Casa Vianello”. Con una caratteristica che oggi sembra perduta tra i comici. Mai una volgarità, mai una parolaccia. E probabilmente anche il padre, per quanto fosse un militare che sognava la carriera diplomatica per il figlio, non era da meno. Come racconta Vianello, nel linro “Un ,due, tre” firmato da lui e da Ugo Tognazzi e curato da Roberto Buffagni, oggi quasi introvabile, quando fu istigato da un produttore che conosceva la madre a guadagnare qualche soldo partecipando ad una rivista, fu necessario chiedere il permesso all’ammiraglio, che se ne uscì affermando di fare pure come voleva, ma bastava che avesse cambiato nome. Così, dopo aver rifiutato l’offerta del Palermo, che gli offriva un buon ingaggio per giocare a calcio in serie B, nel 1945 si trovò quasi per caso sul palcoscenico, nella rivista “Catachiaro 2”. E con che gente! Gli autori erano Garinei e Giovannini, in scena c’erano Anna Magnani, Gino Cervi, Marisa Merlini ed Enrico Viarisio, che Vianello ha sempre considerato il suo maestro. Doveva interpretare un uficiale americano, che non diceva battute. Invece si scoprì che il pubblico rideva solo a vederlo e, quando fu deciso anche di farlo parlare, fu chiaro che la sua vocetta stridula, tutta di testa, otteneva effetti comici. Insomma, doveva interpretare una scena ed a fine si ritrovò a farne venti e con mestiere in mano e, cioè, l’attore comico. Attraversato però da un dubbio, confessato al regista Sandro Bolchi nel 1948, che gli è rimasto per tutta la carriera. Lui affermava di essere pigro e che gli piaceva stare in casa con la radio accesa. Diceva che gli applausi fanno troppo rumore. Non capiva ancora se gli piacevano o lo disturbavano. Forse anche per questo è stato sempre un lavoratore in coppia ed il suo primo partner, in teatro e poi in tv e cinema, fu il coetaneo Ugo Tognazzi. Furono loro ad inventare il varietà televisivo, insieme agli autori Scarnicci e Tarabusi. “Un, due, tre” andò in onda dal 1954 a 1959 ed all’inizio si rifaceva alle esperienze del tatro di rivista. Presto furono portate innovazioni, soprattutto la parodia della stessa tv, con Vianello che imitava il regista Marco Soldati come conduttore del programma “Alla ricerca del cibo genuino”. Ed i due attori, ambedue protagonisti e non spalla, ed anche questa è una novità, si alternavano nei panni delle “donne che lavorano”. Se si trova su Raiplay Vianello che fa la mondina, bisogna guardarlo. Si tratta di un pezzo di storia della tv. Nello stesso periodo fecero anche “Giro a segno”, al seguito del Giro d’Italia, un programma satirico antesignano del “Processo alla tappa”, programma nel quale Tognazzi interpretava Bartali e Vianello il giornalista De Martino, il quale era un entusiasta alla maniera di Vincenzo Mollica, e si inventarono questo tormentone
GLI E’ TUTTO SBAGLIATO, GLI E’ TUTTO DA RIFARE
poi riversato in “Un, due, tre” e che è rimasto il marchio di fabbrica del ciclista toscano. Il successo di quel varietà sembrava infinito, invece accadde l’imprevisto. A quel tempo, fare satira politica era impensabile. Ma era il 1959 ed il nostro presidente della Repubblica Giovanni Gronchi, finì a terra accanto al presidente francese Charles De Gaulle, durante una cerimonia pubblica. Tutto questo accadde perché un valletto, per errore, gli aveva tolto la sedia. La scena finì in diretta tv, ma nessun giornale ne scrisse. Sandra Mondaini era davanti al televisore e raccontò tutto al fidanzato Raimondo. Con Tognazzi e gli autori la decisione fu immediata. I due in diretta erano davanti ad un tavolo e quando Ugo provò a sedersi, Raimondo gli tolse la sedia. E Vianello disse all’altro
CHI TI CREDI DI ESSERE?
Bastò questo per decretare la fine del programma, dato che Gronchi era notoriamente permaloso. Alla fine della puntata i due attori trovarono nel camerino una raccomandata scritta a mano tramite la quale veniva dato loro il benservito. Passarono due anni ed, in vista dell’inizio delle trasmissioni del secondo canale Rai, i dirigenti pensarono al gran ritorno di Tognazzi e Vianello. Una specie di riabilitazione. Li convocarono e chiesero loro se avessero qualcosa di pronto. Ancora una volta Vianello non rinunciò alla battuta e s’inventò al volo e disse che aveva pronta una scenetta sul Papa. Tognazzi, che non sapeva nulla, ma non era da meno cominciò a biascicare parole in dialetto bergamasco, dato che il Papa era Giovanni XXIII. Raccontò Vianello che così per amore di una battuta, perdettero la scrittura. Del resto, per l’attore romano sono stati sempre più difficili i momenti della vita, compresa l’adesione alla Repubblica Sociale. Con lui, tra gli altri, c’erano anche Dario Fo, Walter Chiari ed Enrico Maria Salerno. Tutto finì in un campo di prigionia. Nel 1996 è stato insignito dell’onoreficenza di Grand’Ufficiale della Repubblica Italiana, con buona pace di Gronchi. La conoscenza con Sandra Mondaini cominciò con una lite sul palcoscenico, ma culminò con una cena al ristorante, nel quale erano presenti vari avventori, con questa frase
SAI CHE MI SONO INNAMORATO DI TE?
pronunciata guardando con intensità una cotoletta. Ambedue erano sentimentalmente legato ad altri, ma quando si rividero dopo qualche mese si ripresentarono liberi e pronti a cominciare una lunga vita matrimoniale. Si sposarono nel 1962. Testimone fu Tognazzi, il quale ormai era dedicato soprattutto al cinema, mentre Vianello lo riteneva troppo faticoso, tanto che rinunciò ad entrare nel cast “Amici miei”. Tutto questo rappresentava in ideale passaggio anche da un partner di spettacolo ad un’altra. Da “Studio Uno” e “Tante scuse” in Rai, Sadra e Raimondo si trasferirono in Fininvest, con questo nuovo tormentone
CHE BARBA CHE NOIA, CHE NOIA CHE BARBA
Leggenda molto vicina alla verità racconta che anche nella prima notte di nozze Vianello abbia letto “La Gazzetta dello Sport”. Lui amava tantissimo il calcio e condusse anche il programma “Pressing”. Ogni settimana, nonostante fosse ultraottantenne, giocava nel campo vicino a casa, ora dedicato a lui. Portava sempre le magliette pulite ed, alla fine di ogni partita, le ritirava sporche. Insomma, giocatore e magazziniere. A parte il calcio e Sandra, tutto il resto era da prendere con serietà relativa. Anche il Festival di Sanremo, di ci fu anomalo conduttore nel 1998, quando aveva 75 anni. Gli fu perdonato anche l’aver liquidato l’ospite Maradona con questa frase
MI SCUSI, MA DOBBIAMO ANDARE AVANTI
senza aver mai mostrato segni di pentimento. Tutto gli scivolava addosso. Probabilmente avrà accolto con una battuta anche la morte, quando l’ha incontrata il 15 Aprile. Guido Honorati Broggi