11 Novembre 2025

È REALMENTE POSSIBILE SPARIRE DA INTERNET.IL DIRITTO ALL’OBLIO

Il diritto all’oblio, è davvero possibile sparire da Internet?

Quella foto imbarazzante del 2010. Quel commento stupido scritto da adolescente. Quell’articolo di cronaca che parla di un errore fatto anni fa e per cui si è già pagato. Quella fortunata vincita su una piattaforma segnalata tra le scopri nuovi siti non AAMS direttamente, finita su qualche giornale online. Tutto lì, su Google, a portata di click per chiunque cerchi il nome. E la domanda è sempre la stessa: si può cancellare? Si può sparire da Internet e ricominciare da capo? La risposta breve è: dipende. Quella lunga è più complicata, e spesso deludente.

Cosa dice la legge (almeno in Europa)

Qualcosa è starto fatto e tecnicamente il diritto all’oblio esiste. Un grosso passo avanti è rappresentato dal GDPR, che però vale solo in Europa e che teoricamente fornisce il diritto di chiedere la rimozione di informazioni personali dai motori di ricerca. La prima sentenza di riferimento è datata 2014, quando un tizio spagnolo ha fatto causa a Google perché nei risultati compariva un vecchio articolo su un suo debito ormai risolto. Ha vinto. Da allora, in teoria, si può chiedere a Google di deindicizzare contenuti considerati non più rilevanti, eccessivi o dannosi.

La parola chiave è “deindicizzare”. Significa che l’articolo o la pagina restano online, ma non compaiono più quando si cerca il nome della persona. Il contenuto non sparisce, semplicemente diventa più difficile da trovare. È una differenza enorme, ma molti non la capiscono. Pensano di aver cancellato qualcosa quando in realtà l’hanno solo nascosto parzialmente.

E funziona solo in Europa. Negli Stati Uniti il diritto all’oblio praticamente non esiste. Vale il Primo Emendamento: libertà di espressione sopra tutto. Se qualcosa è stato pubblicato legalmente, resta lì. Fine. Quindi un americano che vuole sparire da Google ha molte meno chance di un europeo.

Cosa fanno davvero Google e i social

Google riceve migliaia di richieste di escludere matreriali dai risultati di ricerca ogni anno. Ne accetta alcune, ne rifiuta molte altre. Il processo è opaco. Si compila un modulo, si spiega perché quella informazione dovrebbe essere rimossa, e poi si aspetta. A volte va bene, spesso no. E anche quando accettano, la rimozione vale solo per Google Europe. Cerca lo stesso nome su Google.com e probabilmente il risultato è ancora lì.

I social media sono un altro discorso. Facebook, Instagram, Twitter (o X, come si chiama ora) hanno politiche diverse. Si può cancellare il proprio account, certo. Ma cosa succede ai contenuti già condivisi, commentati, screenshottati da altri? Quelli restano. Le foto taggate da amici restano. I post dove si è stati citati restano. È come cercare di rimuovere il dentifriciouscito dal tubetto: una volta fuori, buona fortuna a rimetterlo dentro.

E poi ci sono i siti di terze parti. Archivi web, forum, blog, Mafia Casino recensione non-AAMS, casino non AAMS che hanno ripubblicato contenuti. Ognuno ha le sue regole. Alcuni rispondono alle richieste di rimozione. Altri ignorano completamente le email. Altri ancora chiedono soldi per cancellare (pratica discutibile ma diffusa). È un incubo burocratico senza fine.

La difficoltà concreta di sparire

Mettiamo che uno riesca a convincere Google a deindicizzare certi risultati. Ok, passo uno fatto. Ma ci sono altri motori di ricerca. Bing, DuckDuckGo, Yandex. Ognuno ha le sue policy. Ognuno va contattato separatamente. E anche ammesso di riuscire con tutti, resta il problema del contenuto originale. Se l’articolo o la foto sono ancora online da qualche parte, possono sempre rispuntare fuori.

C’è anche il problema pratico di sapere cosa c’è là fuori. Bisogna cercare il proprio nome ovunque, trovare tutti i risultati problematici, identificare i siti, contattarli uno per uno. È un lavoro a tempo pieno. Ci sono aziende specializzate in “reputation management” che lo fanno per soldi, ma costano migliaia di euro e non garantiscono niente.

E anche se si riesce a cancellare tutto dalla superficie visibile di Internet, esiste ancora l’Internet Archive, la Wayback Machine. Un archivio digitale che salva istantanee di milioni di pagine web nel tempo. Si può chiedere di rimuovere contenuti anche da lì, ma è un altro processo, un altro modulo, un’altra attesa.

La verità scomoda

La verità è che sparire completamente da Internet è praticamente impossibile. Si può ridurre la visibilità. Si possono rimuovere alcuni risultati. È possibile chiudere gli account di gioco sui casino non AAMS. Si può rendere più difficile trovare certe cose. Ma cancellarsi del tutto? No. Internet non dimentica. E forse è ora di accettarlo e ragionare su come conviverci, piuttosto che illudersi di poter resettare tutto.

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