LA MAGISTRATA SIMBOLO DI HERAT: ESSERE ITALIANA MI SALVA LA VITA

Grazie all’impegno della ministra della Giustizia Marta Cartabia, ha ottenuto la cittadinanza e potrà ricongiungersi con la sua famiglia
Essere italiana, trovarsi nel nostro paese, significa essere al sicuro e poter continuare a vivere e lavorare. Lei ringrazia. Si tratta di Mareya Beshir magistrata simbolo di Herat. Ha dichiarato che essere italiana le salva la vita. Su segnalazione della ministra della Giustizia, Marta Cartabia, accolta anche di ministri di Interno ed Esteri, il Consiglio dei ministri ha deliberato il conferimento della cittadinanza alla prima donna procuratrice dell’Afghanistan. Attraverso un decreto del presidente della Repubblica enterà sotto la protezione del nostro Paese.
Ha ottenuto, tramite una procedura straordinaria, un passaporto europeo ed un ruolo d’eccezione. Come dichiarato dalla ministra Cartabia, vale come impegno in difesa di tutte le altre donne tuttora esposte a violenza in quel Paese. Era stata una giovane avvocata nel primo regime talebano e si è chiusa in casa. Racconta il risveglio, vent’anni fa alla caduta dei fanatici ed afferma che fu come un’alba al termine di una notte profondamente buia, nella sua provincia, cioè Herat. Le porte di scuole ed università si erano nuovamente aperte alle ragazze, le donne erano tornate al lavoro e lei al suo impegno, che si era già prefissata a partire dagli inizi degli anni ’90, quando si era iscritta a Giurisprudenza. Nella sua società c’era molta ingiustizia e vedeva disparità ed oppressione sin da bambina. Ciò le aveva fatto maturare l’idea che per la giustizia bisognasse conoscere i diritti e studiare legge. Non si è trattato di una discesa. Tutto è difficile per le donne del suo paese. Ha affrontato molti ostacoli, ma è andata avanti. A 36 anni era diventata capo della procura di Herat, incarico che ha ricoperto dal 2006 al 2015. Era cosciente di essere le prima donna a svolgere questo ruolo nel suo Paese, ed ha cercato di far capire alla sua gente, soprattutto agli uomini, che le donne possono lavorare bene. Ha l’orgoglio di esserci riuscita, nonostante i rischi degli attentati a suoi danni. Il primo risale al 2007 ed è avvenuto sulla porta di casa ed ha provocato il ferimento di due guardie del corpo. Forte, però, del sostegno e della protezione dei militari italiani, Mareya ha tenuto fede al suo impegno ed ha promosso istituti per le ragazze, mercati nei quali le donne potessero vendere i propri prodotti, un ospedale dedicato all’alto tasso di maternità di Herat ed un carcere femminile con spazio per i bambini delle detenute. Non solo questo, ma anche infrastrutture, una nuova Procura, sezioni specializzate nella tutela di donne e minori.
Quest’ultimo traguardo è stato all’avanguardia assoluta nel paese. La lotta alla violenza di genere è stata, per la magistrata, una priorità e molte sue iniziative hanno fatto scuola. Finito l’incarico in Procura, ha fondato uno studio legale che ha per nome Beyat Adalat che vuol dire deve esserci giustizia. Tramite ciò è riuscita a portare in tribunale molti casi di maltrattamenti ed abusi. Poi i talebani sono tornati ed è come se fosse calata di nuovo l’oscurità. Sono tutti sotto choc. Se non avesse lasciato il paese sarebbe stata uccisa, perche è una donna e per il lavoro che ha fatto. Dato che ci avevano già provato, questa volta ci sarebbero riusciti. Grazie ad un visto per la Turchia, Mareya ha lasciato Herat in agosto, a settembre è arrivata in Italia ed ora raggiungerà i suoi figli in Nord Europa. Lancia l’appello volto ad aiutare il suo popolo. Per suo conto, continuerà a tenere alta l’attenzione. Ha ancora un sogno: tornare un giorno ad Herat e vedere le bimbe andare a scuola linearmente. Guido Honorati Broggi