LA MUSICA SWING TRA I TEMPLI DI PAESTUM
Di GIULIA IANNONEBagno di folla per la Big Band diretta dal M° Antonio Florio, che ha raccontato attraverso la musica lo sbarco che ha dato il via all’ Operazione Avalanche.
Il concerto celebrativo del LXXIV anniversario dello Sbarco alleato a Paestum, evento clou dell’ eterogeneo cartellone Musica ai Templi, allestito da Gaetano Stella e dalla perfetta macchina organizzativa che è TeatroNovanta, avrebbe dovuto iniziare con “Stormy Weather”. Sul palco, con alle spalle il Tempio di Nettuno, l’eccezionale amalgama di ottoni ed ance, supportata dalla superlativa ritmica della BigBand Swingtime, diretta da Antonio Florio ha evocato filologicamente il repertorio dell’epoca, facendo da colonna sonora alle immagini del tempo, con il commento storico-musicale di Olga Chieffi, mentre i bagliori dei fulmini e della tempesta che incombente si avvicinava, ci ha ricordato l’ultimo atto del Rigoletto di Giuseppe Verdi, unitamente all’immagine viva dei violenti scontri avvenuti tra alleati e tedeschi. Serata emozionale con una platea numerosa e internazionale ed un parterre de roy a cominciare dall’Esercito Italiano, rappresentato dai Colonnelli Antonio Masi, Antonio Grilletto e Giovanni Graziano, unitamente al Monsignore Luigi Orlotti e allo scrittore Luigi Isabella, autore del romanzo di guerra Ok Boy, donato agli intervenuti, i quali hanno vissuto da ragazzi lo sbarco e l’orrore della guerra e, non ultimo, un vero appassionato del jazz classico, il Pubblico Ministero di Salerno Luca Masini, con a fianco la sua gentile signora. La serata ha avuto inizio con il saluto del direttore del Parco Archeologico Gabriel Zuchtriegel e del direttore artistico Gaetano Stella, il quale da regista e attore, ha inteso dare l’abbrivio allo spettacolo leggendo una pagina del diario di un ufficiale sbarcato a pochi metri dai templi, redatta nell’attesa dell’ora X. Il M° Antonio Florio ha invece dato l’attacco al concerto, dopo che il flame della batteria aveva fatto da sfondo alla lettura, con un omaggio al repertorio marciabile americano, quel St.Louis Blues March firmato dal Maggiore Glenn Miller, che è l’immagine stessa del fascino bonario dell’esercito americano. Coinvolgente il programma della formazione, che ha bilanciato il momento di forte emozione offerto dallo spettacolo dei templi millenari e delle storie di guerra, a cominciare dal medley dedicato alla dance band di lusso che era quella di Glenn Miller con i suoi cavalli di battaglia, e ancora l’Ellington dei songs con In a sentimental Mood, Mood Indigo, fino ad Echoes of Harlem, con l’intenso trombone parlante di Alessandro Tedesco, dimostrazione e verifica dell’ambizione di creare attorno al dramma del popolo sradicato dall’Africa Nera, una sorta di saga sonora, in cui convergono i più svariati percorsi del doloroso tracciato di una comunità umana, prima di affidare il sigillo di questo indispensable portrait di Ellington, all’avvolgente suono del sax alto dello stesso Antonio Florio per un sensuale “Prelude to a Kiss”. Salerno è stata invece evocata da Francesco Florio, stesso nome, strumento e brano del celebre nonno, sulle note di Harlem Nocturne, uno dei numeri dell’ Orchestra di Luigi Francavilla, il quale ha “pittato”, per dirla nel gergo degli strumentisti a fiato, il solo che rivelò le prime note “fuori-registro del sax alto al pubblico della nostra città. Naturalmente non ci si è fermati ad Ellington, ma si è andati avanti con arrangiamenti ricchi di spunti come “Dont’be that Way”, pagina identificativa dell’Orchestra di Benny Goodman, affidata al guizzante clarinetto di Giuseppe Plaitano. Poi, la pioggia ha fatto il suo, ma l’entusiasmo del pubblico e degli stessi strumentisti ha addirittura portato ad andare ancora avanti, ma in un immacolato effetto acustico. A microfoni spenti, per timore di cortocircuiti, la prima assoluta di uno splendido arrangiamento firmato da Antonio Florio, in stile crossover della Toccata e Fuga in Re Minore di Johann Sebastian Bach, con due virtuosistiche “cadenze” eseguite magistralmente dal sax alto di Francesco Florio, che hanno legato il barocco bachiano allo stile romantico classico, d’ispirazione jazz, e ancora Tuxedo Junction, solo per l’assoluto piacere di farlo, dialogando con quel linguaggio dell’azzardo e della sfida, che è l’essenza del jazz, Sing, Sing, Sing! In questo contesto, direi familiare, che è quello più amato dai jazzofili, l’orchestra ha lasciato ancora una volta intendere che può eseguire ciò che vuole. La tecnica ha lasciato letteralmente attoniti, per il completo controllo della più ampia varietà di dinamiche sonore, dei passaggi più complicati, da parte di tutti i componenti a partire dai sassofoni Giuseppe Plaitano, Francesco Florio, Umberto Aucone, Maurizio Saccone e Nicola Rando, le trombe Giuseppe Fiscale, Mauro Seraponte, Nicola Coppola e Raffaele Improta, i tromboni Alessandro Tedesco, Raffele Carotenuto, Umberto Vassallo, il pianoforte Antonio Perna, il doublebass Antonello Buonocore e gli hot malletts, sempre perfettamente in stile di Domenico De Marco. Arrivederci al LXXV anniversario dello sbarco dello swing sul nostro suolo.
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