SQUECCO FULCRO CENTRALE DELL’OPERAZIONE,IL RUOLO DELLA MOGLIE MA L’AMMINISTRAZIONE E’ FUORI DALL’INCHIESTA


L”ordinanza del gip Gerardina Romaniello del Tribunale di Salerno, evidenzia la centralità di Roberto Squecco nell’inchiesta che ha portato all’arresto di 11 persone.
Dalle accuse emerge un quadro a tinte fosche del ruolo svolto da Roberto Squecco pur di mantenere il monopolio nel settore delle onoranze funebri e dell’assistenza sanitaria e trasporto infermi sul ‘suo’ territorio, coinvolgendo familiari, parenti stretti, collaboratori, amici in affari, perfino medici ed autisti soccorritori delle ambulanze per non perdere quel ruolo di dominus che gli ha consentito, negli anni, di accumulare un patrimonio di oltre 16 milioni di euro, pensando di poter eludere perfino le interdittive cui era sottoposto.
Un continuo giro di società fantasma, bancarotte fraudolente, fatture false ed appalti manipolati, minuziosamente ricostruito dall’operazione ‘Croci del Silaro’ condotta dalla Divisione Anticrimine della Squadra Mobile di Salerno, guidata dal pm Francesca Fittipaldi della locale Procura: un vortice giudiziario innescato dal famoso ‘carosello’ di ambulanze per le strade capaccesi del 9 giugno 2019 e culminato, stamane, con 11 misure cautelari ed altri 14 indagati, che ha finito col risucchiare nuovamente tutti coloro che lo hanno affiancato, nel tempo, “eseguendo con fedeltà tutte le sue direttive”.
È quanto evidenzia, nella propria ordinanza, il gip Gerardina Romaniello del Tribunale di Salerno, che descrive Squecco come un soggetto “particolarmente spregiudicato nel tentativo di sottrarsi a misure ablative, dotato di pericolosità sociale allarmante non solo per pregresse condanne, ma perché ha continuato ad operare intestazioni fittizie anche dopo l’esecuzione di misure cautelari emesse a suo carico”.
Un ruolo di “fulcro e diretto beneficiario di una pluralità di condotte illecite” che hanno indotto il gip a disporre la custodia in carcere per l’imprenditore capaccese e gli arresti domiciliari per l’ex consorte e capogruppo di maggioranza Stefania Nobili; il nipote Mario Squecco e sua moglie Elena Vitale; la cognata Giuseppina D’Ambrosio; il parente Donato Potolicchio e sua moglie Assunta Salerno; i suoi stretti collaboratori Giuseppe Pinto e Michele Montefusco; l’imprenditore-consulente Domenico Sorrentino.
Alla consigliera comunale Nobili, nello specifico, gli inquirenti contestano i reati di intestazione fittizia di beni (il Lido Kennedy e la Nuova Croce Azzurra Città di Capaccio) e riciclaggio di denaro (100mila euro) dall’Associazione Croce Azzurra Città di Agropoli, ritenendo per questo fittizia anche la separazione legale dal marito. Una passione di famiglia, quella per la politica, che portò lo stesso Squecco a candidarsi a sindaco di Capaccio nel 2012 (nella foto).
Nella spirale è finita anche Gerarda Montella, responsabile del servizio di Emergenza dell’Asl di Salerno, sottoposta a divieto di dimora nel comune di Nocera Inferiore avendo dimostrato “particolare spregiudicatezza nel favorire gli interessi di Squecco”. Indagati in stato di libertà, invece, gli imprenditori Rosario Cioffoletti, Antonio Aliberti e Rolando Sinopoli (per i quali il pm inquirente aveva chiesto il carcere), così come Andrea Merola, Antonio Carucci, Francesco Guariglia (per costoro il pubblico ministero aveva chiesto i domiciliari), oltre ad Adelmo Di Buono, Alfonso Esposito, Solange Zanon, Mariagrazia Di Filippo, Nicola Scarcello, Angelo Cucolo, Maurizio Rinaldi e Carmine Gemei. Tra questi ultimi, molti lavoravano come giovani volontari sulle ambulanze della Croce Azzurra, svolgendo massacranti turni anche di notte… ritrovandosi, forse anche inconsapevolemente, coinvolti loro malgrado nell’indagine che ha annientato l’impero economico-finanziario di Squecco.
In particolare Squecco, Carucci, Cioffoletti, Aliberti e Sinopoli, quali rappresentanti di fatto delle associazioni Croce Azzurra di Capaccio, Croce Rossa di Salerno, Croce Bianca di Salerno, SOS Soccorso di Agropoli, Il Punto Onlus e Il Castello, sono accusati di essersi accordati fra loro, in maniera collusiva, presentando offerte concordate nel partecipare a varie gare indette dall’Asl, turbando così il regolare svolgimento degli appalti, in particolare quello per il servizio di trasporto infermi dell’Asl del 2017 per complessivi 11,8 milioni di euro (gara poi revocata) e la copertura della postazione estiva di Agropoli, vacante dopo i guai penali di Squecco a seguito delle indagini della DIA di Salerno. Captata dalle intercettazioni, al riguardo è “…eloquente – scrive ancora il gip – l’espressione utilizzata tra loro, molto evocativa ed altresì inquietante, nel paragonare sé stessi ad un sommergibile, che stanno sott’acqua e quando c’è da fare la guerra si alzano e sparano”, in chiaro riferimento alla capacità di celarsi dietro prestanome e società di comodo per aggiudicarsi appalti pubblici e conservare i propri affari. Il procuratore della Repubblica di Salerno,Giuseppe Borrelli, ha sottolineato che “Il sindaco di Capaccio Paestum non è incluso in questo provvedimento. Ho visto foto e filmati su questi caroselli di ambulanze, una cosa mai vista in precedenza. Nella mia vita ne ho viste tante di cose, ma questa mi mancava, ma la fantasia della criminalità organizzata napoletana è nota”.
I DETTAGLI
In particolare l’operazione è stata eseguita dalla Squadra Mobile di Salerno e dalla Divisione Anticrimine della Questura di Salerno, con il coordinamento del Servizio Centrale Operativo e del Servizio Centrale Anticrimine. Infatti, la Squadra Mobile di Salerno sta eseguendo una ordinanza di custodia cautelare, emessa dal GIP del Tribunale di Salerno nei confronti di un imprenditore di Capaccio Paestum (SA) e di ulteriori 10 soggetti, responsabili, a vario titolo, di intestazione fittizia di beni, riciclaggio, reimpiego di denaro, beni o utilità di provenienza illecita, auto-riciclaggio, peculato, abuso d’ufficio e falso, turbata libertà degli incanti ed emissione di fatture per operazioni inesistenti. Contestualmente, la Divisione Anticrimine sta eseguendo un provvedimento di sequestro di prevenzione emesso, dal Tribunale di Salerno – sezione misure di prevenzione, ai sensi della normativa antimafia, su proposta congiunta del Procuratore della Repubblica e del Questore di Salerno, concernente beni di associazioni di soccorso pubblico e ulteriori assetti societari per un valore di circa 16 milioni di euro.
L’attività d’indagine, coordinata dalla Procura della Repubblica di Salerno e delegata alla Squadra Mobile di Salerno trova la sua genesi negli avvenimenti successivi al voto amministrativo per l’elezione del Sindaco del Comune di Capaccio Paestum del 9 giugno 2019 allorquando erano stati denunciati alcuni episodi di utilizzo “improprio” di mezzi di soccorso del 118 del tipo ambulanze che avevano inscenato un “carosello” tra le strade della cittadina di Capaccio Paestum per festeggiare il risultato elettorale. Gli approfondimenti investigativi permettevano di raccogliere evidenze probatorie che consentivano di inquadrare Roberto SQUECCO quale gestore di fatto di tutte le associazioni che operavano nel settore del trasporto infermi e delle collegate società di onoranze funebri, associazioni e società solo formalmente intestate a parenti e collaboratori del predetto; in particolare, la figura di SQUECCO Roberto emergeva anche per i precedenti penali di rilievo (condannato, infatti, con sentenza definitiva per tentata estorsione in danno di un imprenditore operante proprio nel settore delle onoranze funebri, reato commesso al fine di agevolare il clan camorristico MARANDINO) e per essere stato già sottoposto a misura di prevenzione patrimoniale; nonostante ciò, il predetto continuava ad avere dirette interlocuzioni con le amministrazioni pubbliche, gli enti, i clienti, i collaboratori ed i fornitori, affatto giustificabili con il suo ruolo di dipendente di una delle società funebri controllate e di mero volontario delle associazioni/onlus allo stesso riconducibili.
Ed invero, lo Squecco ricopriva formalmente ruoli marginali all’interno delle società ed associazioni a lui riconducibili al solo fine di non farne trasparire la titolarità e gestione diretta nel tentativo di eludere l’eventuale applicazione a suo carico di misure di ablative in sede di prevenzione. Nell’ambito di detta attività d’indagine, già a far data dall’ottobre 2019, venivano eseguiti, nei confronti dello SQUECCO Roberto e di ulteriori soggetti, prestanome del predetto, sequestri preventivi di alcune società ed associazioni, operanti nel settore del trasporto e soccorso infermi in convenzione con l’A.S.L. di Salerno e delle onoranze funebri nonché dei beni strumentali delle stesse; venivano altresì sottoposti a sequestro conti correnti e rapporti bancari sui quali erano stati rintracciati movimenti di ingenti somme di danaro pari a circa 500.000,00 euro.
Contestualmente all’esecuzione dei provvedimenti cautelari personali – secondo una strategia di contrasto avviata, a livello nazionale, dalla Direzione Centrale Anticrimine della Polizia di Stato, che prevede un modello operativo innovativo, caratterizzato dallo svolgimento in parallelo delle indagini penali e di prevenzione antimafia, investigatori del Servizio Centrale Anticrimine e della Divisione Anticrimine di Salerno hanno eseguito, nei confronti di Squecco Roberto, un decreto di sequestro di prevenzione di beni e assetti societari, per un valore di circa 16 milioni di euro. Il provvedimento ablatorio è stato emesso dal Tribunale – Sezione Misure di Prevenzione di Salerno – ai sensi della normativa antimafia, su proposta formulata congiuntamente dal Procuratore della Repubblica di Salerno e dal Questore di Salerno. L’Autorità giudiziaria ha valutato positivamente le risultanze delle indagini svolte dai menzionati Uffici, rilevando la pericolosità sociale dello Squecco sia “qualificata” – quale appartenente alle associazioni di cui all’art. 416 bis c.p. (nello specifico al clan “Marandino”) e quale soggetto indiziato del delitto di cui all’articolo 512 bis c.p. (trasferimento fraudolento di valori) – che “generica”, poiché soggetto che vive abitualmente con i proventi di attività delittuose. In particolare, il Tribunale, concordando con la richiesta delle Autorità proponenti, ha evidenziato che lo Squecco è da considerare soggetto socialmente pericoloso sin dalla seconda metà degli anni ’90. Risalgono a quel periodo, infatti, le denunce per truffa, ricettazione, violazione delle norme tributarie, traffico di carte clonate, nonché le operazioni di distrazione di beni e capitali poste in essere in danno dei creditori delle società da costui amministrate, formalmente o di fatto, poi dichiarate fallite.
Condotte queste ultime grazie alle quali lo Squecco ha accumulato un ingente capitale illecito, di oltre 3 milioni di euro, successivamente reinvestito in diversi settori imprenditoriali, e per le quali ha riportato due condanne per bancarotta fraudolenta. Il provvedimento, inoltre, ha evidenziato, che negli anni 2012–2014, l’imprenditore salernitano ha manifestato anche una pericolosità sociale di tipo qualificato, derivante dalla vicinanza al clan camorristico “Marandino”; infatti, nel 2014, egli è stato tratto in arresto per partecipazione ad associazione di stampo camorristico facente capo a Marandino Giovanni ed estorsione aggravata. Fatti per i quali è stato condannato, definitivamente, con parziale riforma nella forma tentata del delitto estorsivo aggravato dal metodo mafioso. In tale arco temporale lo SQUECCO, anche grazie al reinvestimento dei proventi di reati tributari, ha, di fatto, continuato a mantenere il monopolio nei servizi delle onoranze funebri e del pubblico soccorso nei Comuni cilentani di Agropoli, Acerno e Capaccio, attraverso la creazione di nuove associazioni e società intestate a prestanome ovvero infiltrando imprese di terzi già attive, in modo da sfruttare, in maniera occulta, mezzi e licenze altrui conseguendo, pertanto, un notevole arricchimento.
Sotto tale ultimo profilo, viene stigmatizzato, altresì, il complesso sistema di fatturazioni per operazioni inesistenti realizzato dal predetto attraverso società cartiere operanti nel settore sanitario, che ha fruttato, solo nel periodo 2017/2019, introiti per circa 1 milione di euro, successivamente riciclati nelle casse di altre Onlus non operative sempre riconducibili allo SQUECCO, e distratti per finalità personali o per creare provviste di denaro contante. Parimenti, vengono poste in rilievo e condivise dal Tribunale le risultanze delle investigazioni patrimoniali, che hanno delineato l’articolata rete di soggetti giuridici non dotati di personalità giuridica e di strutture societarie create ad hoc o “rilevate” negli anni 2018 – 2020 per “superare” gli impedimenti imposti dall’Autorità, che hanno consentito allo SQUECCO, grazie alla folta schiera di prestanome, di continuare a mantenere il controllo dei settori delle onoranze funebri e dell’assistenza sanitaria e soccorso di infermi. Gli approfondimenti economico-finanziari, hanno, altresì, documentato come Squecco abbia reinvestito le somme illecitamente acquisite con le due importanti e risalenti bancarotte fraudolente, compiendo diverse operazioni commerciali, tra le quali spiccano per la particolare rilevanza: in primo luogo, l’acquisto, attraverso la società Pianeta Paestum S.r.l, di 12 terreni ubicati in Capaccio (SA), dell’estensione di circa 18 ettari, per l’importo dichiarato di 1.600.000.000 delle vecchie lire, il cui attuale valore, sulla base della relativa destinazione urbanistica e delle potenzialità di sfruttamento che li contraddistinguono, è stimabile in circa 15 milioni di euro; tra le varie progettualità che hanno interessato i citati terreni, nonché altri appezzamenti limitrofi, vi era quella di realizzare un parco divertimenti tematico, con l’intervento delle amministrazioni Comunali di Capaccio e Agropoli; in secondo luogo, la costituzione di due compagini societarie in Romania, attive nella produzione e vendita di prodotti caseari, registrate fra il 2002 ed il 2009, titolari di immobili in quel Paese. Pertanto, alla luce degli elementi esposti, nonché degli accertamenti esperiti attraverso una specifica richiesta di Commissione Rogatoria alle competenti Autorità Romene, il Tribunale ha disposto il sequestro di una società con sede in Italia, 2 associazioni di soccorso, 26 automezzi, 7 conti correnti bancari, 12 terreni siti in Capaccio – Paestum (SA), 1 terreno sito a Zimbor – Romania, per un valore complessivo stimato di circa 16 milioni euro. Con riferimento, in particolare, al bene immobile situato in territorio estero, è stata attivata, per la prima volta nel nostro Paese, la procedura introdotta dal nuovo Regolamento (Ue) 2018/1805 del Parlamento Europeo e del Consiglio del 14 novembre 2018, per il riconoscimento reciproco dei provvedimenti di congelamento e di confisca.