16 Febbraio 2025

RUBRICA: “SENTIAMO LA NUTRIZIONISTA” A CURA DI STELLA DI SESSA – LA CARRUBA: TESORO DEGLI ANTICHI, OGGI FRUTTO QUASI DIMENTICATO

 

 

Lungo le zone costiere, calde ed assolate, di molti paesi del bacino del mediterraneo, ovunque sia presente una vegetazione spontanea, è possibile ammirare un albero imponente e sempreverde dalla bellezza singolare, alto sino a 15 metri, con un tronco gigantesco e una chioma folta e maestosa: il carrubo.

L’albero del carrubo, sin da tempi remoti, ha influenzato la vita quotidiana ed ha lasciato tracce indelebili nella storia del nostro territorio : è stato utilizzato come semplice foraggio, a basso costo, per gli animali da soma, nei dolci e nei preparati alimentari che si facevano e, ancora si fanno, con le silique e negli infusi che i nostri antenati utilizzavano per curare malattie di ogni genere. Gli studi effettuati sul carrubo e sui prodotti da esso derivati hanno evidenziato le alte potenzialità della specie che, attualmente, per nostra fortuna, non è stata del tutto dimenticata. Il carrubo è un albero longevo, dalla crescita lenta, conosciuto sin dall’antichità. Le prime testimonianze si trovano nei documenti di Teofrasto e di Strabone, e di scrittori naturalisti come Columella e Plinio il Vecchio. Nei Vangeli di Matteo e di Marco si legge che Giovanni il Battista si nutriva nel deserto di “locuste e di miele selvatico”. Il termine locuste, per alcuni, starebbe ad indicare proprio le carrube, tant’è che in vari paesi dell’Europa Settentrionale, e soprattutto in Gran Bretagna ed in Germania, questo prodotto è noto con il nome, rispettivamente, di  “St. John’s bread” e  “Jhoannisbrot”,  cioè “pane di San Giovanni”. Da queste testimonianze si può ipotizzare che fin dalle origini il carrubo, insieme all’olivastro, al lentisco ed al terebinto, sia stato un albero tipico della macchia mediterranea, ma non è possibile stabilire con esattezza il suo luogo di origine, questione probabilmente destinata a rimanere insoluta. Alcuni studiosi lo ritengono originario delle coste meridionali ed orientali del Mediterraneo, introdotto in Italia dai Greci o dai Fenici e diffuso, nel Medioevo, dagli Arabi, che lo coltivano e ne consumano i frutti dai tempi più remoti, anche in Spagna e Marocco. Verso la fine del Medioevo il carrubo era coltivato in tutte le terre del Mediterraneo compatibili con la sua coltura ed il suo frutto, noto a tutte le popolazioni cristiane d’Europa, era già utilizzato per la preparazione di prodotti medicinali e alimentari. Ad accrescere la sua diffusione contribuirono le crociate e le migrazioni dei Normanni, ma soprattutto i rapporti commerciali tra l’Oriente e l’Occidente mantenuti vivi dalle repubbliche marinare. Oggi, dalla località di Ogliastro Marina si raggiunge Punta Licosa proprio attraverso un lungo viale di carrubi ed a Salerno, l’impianto botanico della rotatoria di Via San Leonardo, posta dinanzi al plesso ospedaliero cittadino, presenta al centro, tra due magnifici esemplari di olivo (Olea europea), l’albero più vecchio dell’intera Municipalità salernitana, un carrubo (Ceratonia siliqua) di circa 600 anni che apre l’impalcato dei suoi rami principali fino ad una lunghezza di circa 12 metri. Le ramificazioni secondarie, conferiranno all’esemplare uno sviluppo complessivo che nel volgere di due anni raggiungerà una superficie di circa 80 mq. Sia il carrubo che l’olivo hanno avuto un ruolo importante ed essenziale nei trattati medici e nella storia della Scuola Medica Salernitana, ragion per cui il loro legame con il Territorio assume un valore ancora maggiore.Secondo antiche credenze popolari sotto gli alberi di carrube sono sepolti dei tesori, tanto più grandi quanto più imponente è l’albero. Ma più che di tesori nascosti , le fantasie riguardanti questa pianta fanno probabilmente riferimento alla preziosità della stessa, capace di donerci frutti dai molteplici impieghi. Bonaticamente il carrubo appartiene alla famiglia delle Leguminosae (sottofamiglia Ceasalpinioideae) ed al genere Ceratonia che contiene la sola specie Ceratonia siliqua.Il nome del genere deriva dal greco “Kéras” (= corno) e “téino” (= proteso) , probabilmente in riferimento alla morfologia ed alla consistenza del frutto; il nome della specie invece deriva dal latino “siliqua” (= baccello), sempre con riferimento ai frutti.I suoi fiori sono poco appariscenti, riuniti in infiorescenze racemose dall’odore sgradevole e possono essere attaccati ai rami adulti o direttamente sul tronco.I frutti che ne derivano, noti come carrube, consistono in baccelli lunghi dai 12 ai 20 centimetri, coriacei, appiattiti , dapprima di colore verde pallido e poi sempre più bruno in fase di maturazione, contenenti semi duri, immersi in una polpa rossatra, che ne è la parte commestibile.

Poiché i semi del frutto sono di grandezza e peso uniformi, furono usati nel passato dai gioiellieri arabi per pesare le pietre preziose; dal nome arabo dei semi “quirat” deriva quello di carato.Il nome comune di Carrubo pare sia dovuto all’influenza degli arabi che chiamano questa pianta “Kharrub”.Il 70% circa della superficie coltivata a carrubo (almeno fino al 1980) si trova in Sicilia, la restante parte è ripartita tra la Puglia, la Sardegna ed alcune zone della Campania.In Italia si coltivano le varietà “carrubo mascolino” che dà frutti utilizzati solo per il foraggio degli equini, ed il “carrubo femminello” (zuccherino o latino) con frutti utilizzabili nell’industria agro-alimentare.Le abitudini alimentari moderne ed il crescere del tenore di vita ci hanno purtroppo fatto dimenticare semplici prodotti , come le carrube, che hanno svolto per lungo tempo il ruolo di frutta secca di basso costo e di alto valore nutrizionale, in passato facilissime da reperire e molto utilizzate per la preparazione di diverse pietanze e bevande.Riscopriamole ed apprezziamole per trarne al meglio tutti i benefici per la salute.Dal punto di vista nutrizionale le carrube possono essere considerate dei legumi atipici in quanto, rispetto agli altri componenti della famiglia delle leguminose (fagioli, ceci, lenticchie, piselli, soia),  sono meno caloriche (apportando circa 207 calorie l’etto), hanno un contenuto più basso in proteine ad alto valore biologico (3,30 g per etto di baccelli) e più alto in carboidrati (49,90 g/100g).Esiguo è il contenuto in grassi (meno di 1,0 g/100g), notevole quello in fibra alimentare (23,10 g/100g), in sali minerali come ferro, calcio, potassio e manganese in particolare, e vitamine, principalmente del gruppo B, A ed E.Come tutti i prodotti di origine vegetale la carruba è totalmente priva di colesterolo.Nel baccello è rilevante, inoltre, il contenuto in sostanze polifenoliche (quantificabili nella farina di polpa di carrube a 2,57mg/g), rappresentate prevalentemente dai tannini (acido gallico, epicatechina gallato epigallocatechina gallato), dotate di dimostrate capacità antiossidanti contro i radicali liberi, attualmente chiamati in causa nell’insorgenza delle malattie neoplastiche, cardiovascolari e degenerative.Le carrube sono destinate sia all’alimentazione del bestiame che a quella umana.  In quest’ultimo caso vengono consumate al naturale, scartando i semi per la loro eccessiva durezza,per la produzione di farina ottenuta dalla polpa e dai semi e per la preparazione di sciroppo, decotti e infusi.La polpa di carruba, consumata fresca, di colore verde, ha una blanda azione lassativa ed un sapore dolciastro che ricorda vagamente quello del cioccolato.A differenza di quest’ultimo è molto meno calorica e più ricca di fibre, vitamine (riboflavina) e minerali (calcio, potassio e manganese). L’assenza di sostanze psicoattive, come la caffeina e la teobromina, rende le carrube il sostituto ideale del cioccolato per chi soffre di allergie o ipersensibilità verso tali sostanze.L’elevato contenuto in fibre la rende un alimento particolarmente saziante, capace di coniugare sapore e benessere, ottimo per uno spuntino spezza-fame relativamente gustoso e leggero.La farina ottenuta dalla polpa di carruba può essere utilizzata in cucina per l’elaborazione di diverse pietanze. Non contenendo glutine, è adatta anche all’alimentazione delle persone affette da celiachia ed avendo un basso indice glicemico è consigliabile anche ai diabetici.L’impiego più comune avviene nella preparazione di dolci casalinghi, in cui essa può rappresentare, avendo un sapore dolce, un sostituto dello zucchero o del cacao.In una ricetta, per sostituire il cacao in polvere è sufficiente utilizzare la farina di carrube nella stessa quantità mentre per sostituire il cioccolato è possibile impiegare circa 3 cucchiaini di farina per ogni 20 grammi di cioccolato richiesto.Può anche essere utilizzata, come accaduto principalmente in periodi di carestia, durante la Seconda Guerra Mondiale, per la preparazione di pasta fresca, pane e bevande calde, in sostituzione del caffè solubile, dell’orzo in polvere o del cacao.Interessante è anche il suo impiego nella produzione di miele e caramelle disinfettanti per la gola, che combattono la raucedine.Conservo con gioia e tenerezza il ricordo della mia ultracentenaria bisnonna che si dilettava nel preparare ai suoi nipotini caramelle di carrube: tolti i semi da mezzo chilo di baccelli ben lavati, una volta macinati, li faceva cuocere in un tegame con un litro di acqua, a fiamma molto bassa, fino ad ottenere uno sciroppo dolce e denso al quale aggiungeva 500g di miele e, mescolando continuamente, aspettava che caramellasse. Rovesciata la miscela ottenuta sulla lastra di marmo della cucina, unta di olio di mandorla, la stendeva con una spatola con cura livellandola fino a mezzo centimetro di spessore. Una volta che il preparato si era intiepidito, lo tagliava in tanti piccoli cubetti che lasciava ulteriormente raffreddare e vetrificare prima di avvolgerli nella carta da forno e servirli.Se mischiata con grassi saturi come quelli contenuti nel burro o negli oli tropicali, la farina di polpa, inoltre, dà origine al “carcao”, un prodotto ancor più simile per sapore e consistenza al cioccolato tradizionale.La farina ottenuta dalla macinazione dei semi di carrube,  data la capacità di assorbire acqua per 50-100 volte il suo peso, per la presenza del polisaccaride idrocolloide carrubina (chimicamente un galattomannano, formato da una catena di mannosio con ramificazioni di galattosio, in rapporto di uno a quattro), viene utilizzata come additivo alimentare, addensante e stabilizzante (indicato sulle etichette alimentari con la sigla E410) in diverse preparazioni alimentari nell’industria dolciaria (gelati, creme, confetti, prodotti da forno) e delle conserve alimentari (carni in scatola, salse, condimenti, maionese), nonché nella produzione di insaccati e di alcuni tipi di formaggi freschi ed alcuni tipi di dessert a base di yogurt.In campo farmaceutico, proprio grazie a questa sua capacità di assorbire acqua, la farina di semi di carrube è un eccellente astringente e antidiarroico utile per la cura dei disturbi gastrointestinali, mentre in fitocosmesi, è molto utilizzata come materia prima per la preparazione di creme dalle proprietà idratanti, rinfrescanti ed emollienti per pelli secche e delicate esposte ai raggi solari.  Lo sciroppo di carrube viene usato principalmente per aromatizzare diversi piatti e bevande, e nel settore cosmetico per la preparazione di creme idratanti.Preparato in casa viene tuttora utilizzato in medicina, soprattutto in Inghilterra, Francia e Germania, come “tonico”, ricostituente per i convalescenti, per i depressi, per i malati affetti da disturbi cardiovascolari, sessuali, colpiti da bronchite, polmonite e altre malattie.Contro la tosse, si è dimostrato un ottimo rimedio, un tipico decotto salernitano, composto da fichi secchi, carrube, vino, mele e zucchero, che può essere sostituito meglio con il miele.Infusi di polpa di carrube sembrano curare gastriti data l’azione antiacido che svolgono sulle pareti dello stomaco, mentre decotti di foglie hanno un’efficacia dimostrata verso disturbi dell’apparato respiratorio, grazie all’attività espettorante che rende i bronchi liberi dal muco e dalla congestione.Dal basso contenuto di calorie e dall’alto potere saziante, semplici, dal gusto dolce , ricche in fibre, antiossidanti, vitamine e sali minerali, le carrube, ricche di storia e di dignità, sono importanti alleate della nostra salute e meritano, pertanto, una maggiore considerazione nella nostra dieta.

Dott.ssa Stella Di Sessa

Biologo Nutrizionista

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